La fantapolitica della Schlein

Scritto il 22/10/2025
da Ferdinando Adornato

Quel che nella requisitoria della Schlein colpisce ancor di più è la sconfortante povertà di analisi

Negli ultimi tempi Elly Schlein ha lasciato la politica. Per applicarsi, con passione, alla fantapolitica. Come altro spiegare altrimenti l'accorata denuncia del fatto che "con la destra al governo la democrazia italiana sia a rischio e la libertà d'espressione negata", chiamando addirittura in causa l'attentato a Sigfrido Ranucci? Freud aveva già avvisato come "diventando troppo potenti le fantasie pongono le condizioni per la nascita di una nevrosi o di una psicosi". E, in effetti, sembra proprio che, di fronte alla leadership di Meloni, il "campo largo", sia piombato in una chiara crisi di nervi, tanto da far confessare a un mite giurista come Sabino Cassese che "quando Schlein ha detto che la democrazia è a rischio mi sono cadute le braccia". Purtroppo il ricorso alla fantapolitica è un tic consolidato nella sinistra italiana (l'accusa di "complicità in genocidio" è da Guinness dei primati). Ma quel che nella requisitoria della Schlein colpisce ancor di più è la sconfortante povertà di analisi. Basterebbe, infatti, aver sfogliato qualche libro per sapere che, oggi, il vero "rischio" per le democrazie non nasce dalla compressione della libertà d'espressione, ma esattamente dall'opposto: dall'"overdose" di comunicazione, ormai colma di falsità senza controllo. L'era social ha completamente rovesciato il paradigma del rapporto democrazia-consenso, facendoci entrare nell'epoca della post-verità, nella quale i cittadini, non riuscendo più a districarsi nella confusione tra vero e falso, perdono fiducia nella democrazia. La civiltà dominata dal digitale sta modificando mentalità, comportamenti, linguaggi, stili di vita: l'insieme dei valori della nostra convivenza. Lo scrittore americano Jonathan Franzen, nel suo La fine della fine della Terra ricorda come "l'erosione dei valori umani è un prezzo che la maggioranza delle persone è oggi disposta a pagare per la comodità gratuita di Google e il conforto di Facebook". Sta insomma nascendo un nuovo tipo di cittadino, antropologicamente modificato rispetto a quello del vecchio tempo storico. Ma, ecco il punto, in società ormai costituite da "milioni di solitudini", che rinunciano al dialogo inter-umano, che fine farà ciò che un tempo chiamavamo "discorso pubblico"? E, laddove il consenso si misura solo con un like, e le invettive sostituiscono gli argomenti, cosa diventerà l'idea stessa della democrazia? Facciamoci caso: il linguaggio della politica segue ormai sempre più spesso i codici dell'aggressività e della semplificazione. La "modalità social" sembra aver contaminato la "forma mentis" delle leadership, oltre che l'intera comunicazione pubblica. Siamo in piena deriva hater: il modello dell'Odiatore è diventato il principio base delle relazioni politiche, anche di quelle internazionali. La replica emotiva, priva di filtri, ha preso il posto dell'analisi. Di più: l'era digitale induce al rifiuto dei problemi complessi, trasformandoli forzosamente in questioni da affrontare in modo semplicistico. L'unica logica ammessa è "sì o no", like o don't like. Tutto sovente assume le fattezze di un quiz. Non c'è posto per discutere strategie di lungo periodo o per le mediazioni. In una parola, non c'è posto per la politica, che dovrebbe essere arte dialettica. La propaganda sovrasta ogni ragione. Una democrazia siffatta, senza reale verifica degli argomenti evocati, non può che gradualmente diventare una "fake democracy". Chiamiamo a testimoniare anche un'accorta manager della comunicazione come Marina Berlusconi: "A differenza dei media tradizionali, le piattaforme prosperano in un far west dove nessuno risponde di ciò che ha scritto. E così si solleva la marea delle fake news e del linguaggio d'odio, il brodo culturale della radicalizzazione in cui affoga anche la politica". In sostanza, il dominio del "semplicismo", essenza della civiltà digitale, induce a pretendere un analogo "elementarismo" nella politica. Di qui il fascino crescente, in Occidente, per il decisionismo delle autocrazie. Altro che compressione della libertà d'espressione (rispetto alla quale siamo comunque ben vaccinati)! Piuttosto l'overdose della comunicazione, e la demonizzazione del nemico edificata sulla confusione tra vero e falso, rappresenta l'attuale rischio della nostra convivenza. Perciò con la sua fanta-denuncia di attentati alla democrazia, alla fine, Elly Schlein si è fatta solo un "selfie". Autofotografando il degrado della nostra civiltà politica.